Alla fine ha vinto quella che "lui",Matteo Renzi,oramai ex premier,aveva sprezzantemente definito l'“Accozzaglia”,cioè tutti quelli che da destra a sinistra,ciascuno con proprie e diverse motivazioni,s'erano permessi di non essere d'accordo con lui nel deformare(più che riformare)un sistema di regole,di pesi e contrappesi che la vigente Costituzione(che comunque è effettivamente da riformare,ma in ben altro modo)nonostante tutto assicura.Non sono stati con lui il 60% di cittadini italiani.Ma più che sul merito della riforma la gente ha votato contro di lui.Contro di lui ha votato l'80% dei giovani fra i 18 e i 35 anni,cioè quel ceto giovanile,che in lui si sarebbe dovuto riconoscere e che in lui avrebbe voluto riconoscere il nuovo della politica italiana.Ma che politica di rinnovamento potevi aspettarti da chi,come Matteo Renzi,ha interpretato il governo della cosa pubblica nella peggiore e più becera forma in puro stampo di arrogante potere clientelare tipo democristiano?Inevitabile,dunque,la sconfitta.Una sconfitta così rovinosa che trascende anche il merito dei quesiti referandari,ma che ha rappresentato un rifiuto della personalità stessa di Renzi,un’insofferenza radicale della sua immagine e del suo proporsi.Questo perché Matteo Renzi è diventato insopportabilmente antipatico.Gli italiani non hanno sopportato più il profluvio dell’ottimismo,gli annunci sull’uscita dal tunnel,quel suo "grazie a me ormai ce l’abbiamo fatta".Ai tanti italiani che viceversa se la passano tuttora male,sentirsi dire che,contrariamente alla loro esperienza quotidiana,le cose si stavano mettendo bene,deve essere suonata come una presa in giro.Specie al Sud dove l'Istat ha stimato che quasi 1 abitante su 2,ovvero la metà dei residenti nel Mezzogiorno,risulta a rischio povertà o esclusione sociale.E poi quelle sue conferenze stampe e quelle sue odiatissime "slides".Con tutta quella marea di parole,in realtà Renzi non ha mai parlato al Paese in modo responsabile e serio.Ha parlato sempre con arrogante sarcasmo.Non ha parlato mai della gente semplice e dei loro problemi.Anzi.Si è compiaciuto degli endorsement che gli provenivano dai giornali economici internazionali(il "Financial Time",soprattutto)dall'Europa dei burocrati che pure fingeva di combattere,dalla Confindustria o dalla Banca d'Italia e dal sistema bancario,al quale ha dato più che un "aiutino" salvando i vertici "amici" nonostante le loro grandi responsabilità nella rovina di decine di migliaia di cittadini italiani.E quanti "collaboratori",diciamo così.nominati in una miriade di posti,scelti solo per la loro sicura fedeltà(vedi soprattutto i vertici Rai).Il popolo italiano ha votato contro tutto questo e contro i ricatti ed il terrorismo di una Apocalisse finanziaria per “un salto nel buio” che nessuno ci avrebbe perdonato.E invece non si è verificato alcun terremoto finanziario.Era una investitura plebiscitaria quella che Renzi cercava col referendum.Autorevolissimi costituzionalisti e giuristi italiani si sono affannati nel difendere una riforma che sapeva tanto di autoritarismo e tanto poco di garanzie di stato di diritto,con rischio di deragliamento dai binari liberali della nostra Repubblica,che quella riforma comportava.Renzi ha potuto contare sull'appoggio della “gente di cultura” nonchè della nostra classe politica e giornalistica.Personaggi annoiati da un uso della ragione e di un pensiero libero e liberale.Ed oggi,come sempre accade,quelli che fino a ieri erano con lui,abbandonano il vascello renziano.Come se nulla fosse successo.E invece molto,troppo è successo per lasciare andare.E' per questo che non possiamo,non dobbiamo dimenticare quanto accaduto perché non si verifichi più qualcosa di analogo,che possa annichilire i valori della ragione.Da tutto questo una lezione,la solita crociana lezione di religione:la religione liberale che ci insegna che la libertà non è mai conquistata una volta per tutte.Ogni giorno c'è da fare qualcosa per essa.Mai conformismo,mai asservimento,ma un continuo perpetuo impegno per difendere le idee proprie,e quelle degli altri.Che accozzaglia non sono.
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