23 novembre 2020

QUEL GIORNO, 40 ANNI FA





Per noi,gente dell'Irpinia e del Sannio,sono questi i giorni di un ricordo.40 anni fa,il 23 novembre 1980,ci fu il terremoto dell'Irpinia.Era una domenica il 23 novembre di 40 anni fa.Rai Due trasmetteva il secondo tempo in differita della partita Juve-Inter,e nell’altra stanza le donne preparavano la cena,in attesa che tornassero i figli e i mariti,usciti per andare a Messa o al bar o al circolo a celebrare il "rito" dell'aggregazione domenicale,secondo gli accordi della mattinata("ci vediamo stasera al bar")E al bar o al circolo ci si vedeva per chiacchierare e fumare o per la partita a "tresette".I soliti discorsi.I giovani,la politica,le donne,le stagioni che non sono quelle di una volta e il lavoro da fare domani nei campi.Poi,improvviso,tremendo,spaventoso,alle 19,34 un boato sordo e profondo squarcia la quiete della sera.La terra trema,la casa sobbalza e poi oscilla.90 secondi che sembrano non finire più.Un minuto e mezzo di terrore.La paura che ti taglia le gambe.Il movimento che ti trascina insieme al resto della casa,insieme al divano sul quale sei seduto.Buio.La luce che se ne va.Urla e grida.Preghiere ai Santi e alla Madonna,rumore di assi che scricchiolano,di mura che si squarciano,di tetti che cedono,di fondamenta che si aprono,di qualcosa che crolla in strada.L’odore di zolfo,di gas.Il senso di impotenza assoluta.Poi,così come è iniziato,tutto si ferma.90 secondi,una vita.E giù di corsa tutti insieme in strada,nel buio della notte,quella notte ancora più buia.Ed è tutto un vocio,un pianto,un trambusto,grida di gente che cerca gente.Gente smarrita,angosciata,terrorizzata.Ma dov'eravamo dopo quei 90 secondi?Non si riconoscevano più i luoghi,le strade,le case,i posti della nostra normale vita di "prima".Niente luce,niente telefono.Strade bloccate.Nessuna possibilità di chiedere e ricevere soccorsi.Poi cominciano ad uscire le prime voci che chiedevano aiuto da sotto le macerie.Ma le altre scosse che seguivano obbligavano a smettere di scavare con le mani.E continuavano,strazianti e disperati,i pianti e le grida e le voci di là sotto.Per giorni si sentirono quelle voci.Sempre più flebili,poi nulla più.Le mani nude e i pochi attrezzi non riuscivano a superare il groviglio di assi,di legna,di travi di ferro contorti,di pietre e mattoni di tufo.Solo 5 giorni dopo quella scossa assassina cominciarono a vedersi le prime camionette degli alpini e i volontari partiti da tutte le parti d'Italia,che si inerpicavano su masse di detriti e macerie per arrivare a Teora e Balvano,a Laviano e Lioni e Sant'Angelo dei Lombardi,tutti paesi sconosciuti fino allora,fors'anche alle carte geografiche.E così,senza saperlo,alle 19,34 di quel 23 novembre un mondo finiva.Luoghi,storie,persone e parole scomparivano per sempre.I morti furono 2914.Novemila i feriti.Trecentomila i senzatetto.All'inizio,di fronte a tutto quel dolore,ci fu un'ondata di solidarietà sincera e generosa.In tanti accorsero in Irpinia.Arrivò l'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini,che volle andare tra quelle macerie nonostante i suoi 84 anni.E arrivò anche Giovanni Paolo II e Lech Walesa,il capo di Solidarnosc,e Claudio Abbado e Nanni Moretti.Scrissero sull'Irpinia Alberto Moravia e Leonardo Sciascia.Pure Andy Warhol si unì al grido di quella gente con la gigantografia della prima pagina del "Mattino":"Fate presto".E i giornalisti Giovanni Russo e Corrado Stajano pubblicarono un libro:"Terremoto".Dopo,invece,arrivarono i finanziamenti per la ricostruzione:60.000 miliardi,praticamente più di 2 manovre finanziarie.E  su quei soldi arrivò la camorra in combutta con la malapolitica per mettere le mani su lavori,appalti,progetti.Una provvidenziale manna per affaristi senza scrupoli,camorristi,politici corrotti,imprenditori.Un'infame e cinica strategia sulla pelle di chi aveva perso tutto:accordi tra i politici che distribuiscono gli appalti con gli imprenditori che vengono a lavorare,che pagano la "tangente" e assumano la gente giusta e cedano i subappalti.L'accordo con la camorra per pagare il pizzo;l'accordo,per la camorra,significa intimidire,minacciare,incendiare cantieri,mettere bombe.Oggi,a distanza di 40 anni,molti vorrebbero rimuovere quelle macerie,archiviare la memoria di quel giorno.Sarebbe un tragico errore, oltre che un insulto a chi è rimasto sepolto sotto quelle macerie.Nello scandalo del dopo terremoto,infatti,affondano le radici profonde di quella delle nuove “ecomafie”.Parte proprio da quel disegno criminale progettato e sperimentato sulle macerie del sisma,quel sistema economico-criminale che porterà fino ai nostri giorni allo sfruttamento sistematico e illegale del territorio e delle risorse ambientali della Campania e dell'intero Paese.In quegli accordi si salda quel patto scellerato tra politici e amministratori locali,imprese e boss camorristici che trasmetterà il virus dell’illegalità allo Stato,all’economia.Dopo 40 anni non dobbiamo perdere la memoria,le immagini di quei posti e di quella gente,le straordinarie prove di generosità,la solidarietà concreta, l'impegno di decine di migliaia di volontari.Una lezione ci lascia "quel" giorno.L'ambiente è una risorsa strategica dell’Italia,che non va lasciata impunemente in mano a chi la saccheggia,per trarne profitto. Approfittando persino di un’immane tragedia,come quella del 23 novembre 1980.

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