13 dicembre 2019

PEL TRATTURO ANTICO AL PIANO



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Il comitato del patrimonio mondiale dell’Unesco,riunitosi a Bogotà,ha proclamato all'unanimità la transumanza patrimonio culturale immateriale dell’umanità.La transumanza rappresenta la migrazione stagionale delle greggi,delle mandrie e dei pastori che,insieme ai loro cani e ai loro cavalli,si spostano in differenti zone climatiche, percorrendo le vie semi-naturali dei "tratturi".

Dalla fine dell’estate  e sino ai primi rigori autunnali,si estende  il periodo della transumanza,(dal latino  “trans”,al di là e “humus”,terra)praticata  nelle aree montane della penisola e delle isole italiane sin dalla preistoria e che costituisce la forma di migrazione stagionale  e temporanea  delle greggi,delle mandrie e dei pastori,in transito  dai pascoli in quota verso quelli delle pianure,percorrendo le vie naturali dei tratturi.Questa attività,che nei secoli ha costituito occasione di contatto e di scambi commerciali,mantiene il ricordo,con l'organizzazione del viaggio e il raduno dei pastori,di antichi riti sociali  consolidati,rientrando tra gli eventi più significativi del calendario agro-pastorale.Ad oggi,per quanto sempre più sostituite da moderni mezzi di spostamento,dalla strada ferrata agli autocarri,le antiche consuetudini esistono ancora in diverse parti d'Italia.In Piemonte,lungo le pendici delle Alpi Marittime,la secolare transumanza ha unito le popolazioni delle montagne liguri e  cuneesi,mentre nel Trentino Alto Adige in numerose località viene festeggiata la desmontegada,la demonticazione.Le mucche,come i cavalli,le pecore e le capre,in segno di ringraziamento per una buona stagione estiva,vengono addobbati con  ghirlande di fiori e rami e immagini di santi per ricevere la protezione del Cielo.Nell’appennino tosco-emiliano,dal Medioevo agli anni ’50 del secolo scorso,dal versante emiliano e romagnolo,il flusso della transumanza si snodava verso la Maremma toscana,mentre nel sud Italia l’attività continua a persistere  principalmente tra l'Abruzzo e il Tavoliere delle Puglie,con diramazioni sia verso il Gargano che verso le Murge,passando per il Molise e la Basilicata.In Sardegna,le comunità pastorali coinvolte negli spostamenti   si muovono dal massiccio del Gennargentu,mentre in Sicilia l’attività è collocata  nelle Madonìe e sui monti Nebrodi.Indispensabili per conservare  una cultura identitaria  profondamente radicata,sono i cosiddetti "tratturi",sentieri  erbosi,pietrosi o in terra battuta di notevole ampiezza,derivanti  dal passaggio e dal calpestio delle mandrie e delle greggi sono individuabili  come una struttura di rete.La transumanza,che racchiude in sé una storia millenaria,ha ispirato nei  secoli scrittori e poeti,da Terenzio(nel "De re rustica,) a  Virgilio (nelle Georgiche)a  Plinio il Giovane,da Torquato Tasso a  Gabriele D’Annunzio(“Settembre, andiamo è tempo di migrare..” da “I pastori”).
E' proprio quest'ultima poesia,che mi è rimasta addosso,fin dai giorni nei quali la imparai sui banchi di scuola.Una poesia malinconica,eppure solare,che,attraverso le parole di D'Annunzio,ogni volta mi fa indugiare col pensiero,alla dura vita dei pastori e alla loro solitudine,spirituale e materiale;quella solitudine che,per altro verso,i fratelli Taviani raccontarono nel loro capolavoro cinematografico "Padre padrone".
Di seguito la poesia "I Pastori" di Gabriele D'Annunzio

Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.
Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natía
rimanga ne’ cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.
E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!
Ora lungh’esso il litoral cammina
la greggia. Senza mutamento è l’aria.
il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquío, calpestío, dolci romori.
Ah perché non son io co’ miei pastori?




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