12 luglio 2018

VERMICINO, ITALIA

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Da pochi giorni  si è conclusa la vicenda dei 12 ragazzini "inghiottititi" nelle fauci della grotta Tham Luang in Thailandia.Sembra incredibile ma alla fine tutti i ragazzi sono usciti vivi da questa tremenda avventura."Non siamo sicuri se questo sia un miracolo o sia merito della scienza o qualcos'altro",hanno detto i soccoritori.Fatto sta che quello che nessuno si aspettava più è invece successo:i ragazzi sono usciti tutti vivi dalla grotta.Questa storia ha fatto ricordare a molti quello che accadde in Italia quasi 40 anni fa,quando un bambino,Alfredino Rampi,cadde in un pozzo a Vermicino,una località vicino Frascati,venendo estratto poi morto dopo 3 giorni.Quella vicenda è,per molti italiani,una ferita mai sanata,un lutto mai elaborato.Sembra un fatto secondario,eppure tra le tantissime tragedie della nostra storia nazionale,quella di Vermicino ha pure rappresentato un pezzo di storia nazionale,una ulteriore testimonianza delle tante,troppe cose che non vanno in questo Paese.Di tanti altri avvenimenti drammatici,conserviamo una sicura memoria personale e collettiva.Come ad esempio,i fatti di Ustica o di Piazza Fontana,sui quali,peraltro,ancora oggi non è stata fatta piena luce.Eppure,con le dovute proporzioni,anche la  tragedia di Alfredino Rampi è stata la narrazione di un certo modello del Paese Italia.Perchè in quel pozzo,nel pozzo di Vermicino,ci cadde anche l'Italia.Perché quella di Vermicino è una storia italiana.Una storia senza lieto fine.In un pomeriggio afoso del giugno 1981 il piccolo Alfredo Rampi,6 anni,cade in un pozzo artesiano,a Vermicino.Ma dentro quel budello ci finì tutta l´Italia.O almeno una certa Italia.Intorno a quel pozzo andò da subito in onda una diretta mediatica non stop che ipnotizzò la nazione intera per poi lasciarla inebetita e depressa quando il finale non fu quello atteso da tutti sperato e da tante autorità assicurato.Quella vicenda ha segnato profondamente tutti quelli che l´hanno vissuta,anche solo come spettatori.Nessuno l´ha mai dimenticata.Ed è perciò,che,vedendo le immagini provenienti dalla Thailandia,il ricordo risale dal profondo.La vicenda è nota.Il 10 giugno 1981,il piccolo Alfredo Rampi di 6 anni cade in un pozzo artesiano a Vermicino.I soccorsi sono affidati ai Vigili del Fuoco.Nel pozzo viene calato un microfono per comunicare con Alfredino.I pianti disperati del piccolo vengono trasmessi al Tg 2 delle 13 dell’11 giugno.Da quel momento la tragedia diventa un fatto nazionale,seguito da milioni di persone attaccate alla tv per ore intere.Era quella l'Italia del 1981.Un Paese nella tempesta. Sette mesi prima un terremoto aveva fatto 3.000 vittime in Irpinia. Interi paesi distrutti,soccorsi lenti e inefficienti.Il 13 maggio Papa Giovanni Paolo II era miracolosamente sopravvissuto all’attentato del turco Ali Agca.Lo scandalo P2 fa tremare l’Italia.Il governo Forlani è costretto alle dimissioni e il presidente della Repubblica Sandro Pertini affida l’incarico di formare il governo per la prima volta,dopo 35 anni di Repubblica,a un non democristiano,il  repubblicano Giovanni Spadolini.E intanto il terrorismo continua ad ammazzare.Le Brigate Rosse sequestrano Roberto Peci,fratello di Patrizio,primo pentito delle Br.Nelle mani dei terroristi ed anche Giuseppe Taliercio,Direttore del Petrolchimico di Porto Marghera.Dopo qualche tempo Peci e Taliercio saranno ammazzati dalle BR.Ma per tre giorni il Paese dimentica il resto e segue col fiato sospeso quanto accade a Vermicino.E attorno a quel pozzo c'è l'Italia dell'approssimazione,della superficialità,dell'irresponsabilità.A centinaia si accalcano e s'aggirano intorno al pozzo,intralciando il lavoro dei soccorritori,senza,però,che nessuno,forze dell'ordine o il Comune o la Prefettura intervenga per porre fine a quello scempio civile.E poi le Tv.Una presenza mediatica continua,pressante,quasi asfissiante per dare "la" notizia,anche perché la nazione,la gente vuole sapere di quel pozzo,del pozzo di Vermicino,diventato in quei giorni capitale d'Italia.I telegiornali non interrompono il collegamento e inizia così una diretta fiume,destinata a durare oltre 18 ore con tanti giornalisti inviati sul posto.Accorre anche il presidente della Repubblica,Sandro Pertini. Nelle case si rimane incollati alla tv.Sembra che, in mezzo a tante disgrazie,gli italiani possano finalmente assistere a un evento positivo.Ma la televisione italiana non è ancora attrezzata per dirette di questo tipo.C’è una sola telecamera Rai intorno al pozzo.L’inquadratura è fissa,per un piano sequenza interminabile e claustrofobico.Gli inviati non sanno bene come gestire la cronaca,ma devono esserci,devono raccontare la vicenda il cui epilogo per tutti gli spettatori non potrà che essere positivo.I sentimenti più avvertiti sono quelli di speranza,disperazione,illusioni,angoscia.Dalle 14.00 alle 20.00 del 12 giugno viene registrata una media di 12 milioni di telespettatori.Rai Uno e Rai Due seguono l’evento a reti unificate.È uno spartiacque per la storia della tv italiana.E' il primo (tragico)reality show.A tragedia conclusa, si scatena una polemica enorme sulla scelta della Rai.Era giusto fare una diretta così lunga?Le riprese hanno influenzato l’esito?Se ne parla ancora oggi.Ma all’alba del sabato dal microfono calato nel pozzo non si sente più nulla.Il bambino è morto.In tutto il Paese cala un silenzio cupo e disperato.La gente si sente tradita.Dallo Stato,dai soccorritori e dalla stessa tv che non ha dato la notizia tanto attesa e sperata.Un dolore collettivo,senza fine.Ma anche il disgusto.Attorno al pozzo,per altri due giorni,rimane una folla di curiosi e sciacalli.Ventimila persone decidono di passare il weekend sul luogo della tragedia,con tanto di venditori ambulanti di porchetta e panini.Da tutta la vicenda esce un’Italia diversa. È la conclusione amarissima di un decennio tragico. Di lì a poco cambierà tutto:la politica,la società,l’economia.E la televisione.Per la quale andrebbe poi fatto un discorso a parte e particolare.Per il ruolo svolto dalla tv pubblica,per il modo di gestione mediatica dell'evento e per certi modi di "assalire" la notizia,sembra oggi,a distanza di anni,di rivedere il film "L'asso nella manica" di Billy Wilder nel quale si racconta la storia di un giornalista disposto a tutto pur di raggiungere lo scoop.Proprio con questo film il regista americano anticipò il tema della spettacolarizzazione della cronaca,fino alla morte dei protagonisti,delineando un amaro spaccato della società contemporanea.Ecco perché ripensare a Vermicino,ripensare a quei terribili giorni del 1981 è doloroso,ma può rivelarsi utile.

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