05 gennaio 2015

DON ENRICO




Adesso che "lui",che l'ultimo Presidente della Repubblica,Giorgio Napolitano ha(finalmente)deciso di andarsene,adesso che tutti sono impegnati a fare il toto-presidente,a pronosticare chi sarà il presidente prossimo venturo,proprio adesso è invece più serio e interessante andare a rileggere la storia del Primo presidente della Repubblica,o per meglio dire,del primo capo di stato provvisorio,perchè a quel tempo la costituzione non era ancora stata approvata.La storia di Enrico De Nicola.Curioso.Il primo presidente della neonata Repubblica Italiana era un monarchico:Enrico De Nicola,napoletano,politico liberale,avvocato penalista,insigne giurista, che nei Tribunali detestava la retorica(“è il cloroformio delle Corti d’Assise”).
All’indomani del referendum istituzionale del 2 giugno, che sancì per un soffio e tra mille polemiche di brogli la vittoria della Repubblica sulla Monarchia,le massime cariche dello Stato erano occupate da due settentrionali:il trentino Alcide De Gasperi al governo,il piemontese Giuseppe Saragat alla Costituente.Ma nella fase di costruzione della Repubblica,bisognava "ingraziarsi" anche il Sud che aveva votato in massa per Casa Savoia,attribuendo quindi ad un meridionale la Presidenza della Repubblica.I candidati alla presidenza erano Vittorio Emanuele Orlando e Benedetto Croce.Ma tra i papabili c’era pure Enrico De Nicola, ex deputato liberale e ministro giolittiano.
La Dc bocciò subito Croce:troppo “laico”.Ed il Pci bocciò Orlando:nel referendum aveva sponsorizzato un po’ troppo la causa monarchica.E così la scelta ricadde su di lui,su "Don" Enrico De Nicola.De Nicola venne eletto il 27 giugno, al I scrutinio,con il 74 %: 397 voti su 501.
Conoscendo il personaggio,tutti,da subito,si posero la domanda:"don" Enrico accetterà l’incarico?",lui che ogni incarico era solito rifiutare:a ministro,a deputato,a sindaco di Napoli.Il grande giornalista e politico liberale Manlio Lupinacci lo canzonò sul "Giornale d’Italia": “Onorevole De Nicola,decida di decidere se accetta di accettare”.E finalmente il bizzarro e bizzoso neoeletto risponde:“M’inchino alla volontà popolare”,senza neppure un ringraziamento ai deputati che l’hanno eletto a Presidente della Repubblica.“Presidente provvisorio, prego”,precisò risentito "don" Enrico a chi lo aveva chiamato Presidente della Repubblica.
E il 1° luglio,giorno del giuramento, tanto per non smentirsi,si fece attendere non poco,davanti al palazzo di Montecitorio dove c'era una folla di parlamentari,giornalisti e semplici curiosi che aspettavano con ansia il suo arrivo.Davanti al portone,un picchetto d’onore e un duplice schieramento di carabinieri.Ma don Enrico non arrivava.Solo dopo un bell'aspettare il "corteo" presidenziale apparve in fondo alla piazza.In realtà il "corteo" era formato da una sola automobile,quella privata di De Nicola.Al suo fianco,oltre all’autista,c'era il nipote visto che il neopresidente era scapolo.Ma la valigia di cuoio,suo unico bagaglio,quella assolutamente pretese di portarsela da solo.Quando gli descrissero gli appartamenti presidenziali approntati per lui al Quirinale,nemmeno li visitò:lui è “provvisorio”,mica può risiedere in quella "dimora".E così andò ad abitare a Palazzo Giustiniani,uno dei luoghi più bui di tutta Roma.
Per mesi,poi,il Primo Ministro De Gasperi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giulio Andreotti,tentarono di convincerlo a firmare il decreto che gli avrebbe attribuito l’appannaggio presidenziale(12,5 milioni di lire).Figuriamoci:De Nicola dovrebbe firmare un simile "atto".Eppure lui adesso è quasi povero,avendo perduto tutti i suoi risparmi professionali investendoli in buoni del Tesoro all’inizio della guerra.Ciò nonostante rifiuta l’appannaggio presidenziale.
Celeberrimo,poi,il suo cappotto rivoltato,sempre lo stesso,con cui partecipava alle cerimonie ufficiali:un giorno,non foss'altro per le pressioni degli imbarazzati collaboratori,lo mandò finalmente al suo sarto di Napoli per la riparazione:quello gli fece il lavoro gratis,rifiutando i soldi.Non l'avesse mai fatto:da quel giorno "don" Enrico gli levò il saluto.Ecco questa è la vera storia di un Uomo vero,prima ancora che di un Presidente(anche se provvisorio).La storia di un liberale vero e di un uomo-galantuomo. 
Poi vennero i Gronchi e gli Scalfaro,i Ciampi e i Napolitano.Ma queste sono altre storie.Brutte storie in verità.

2 commenti:

Julia ha detto...

Bellissimo e che non conoscevo..
Il mio preferito resta Luigi Einaudi:

La maggior parte delle parole comunemente adoperate
dagli uomini politici
sono sovratutto notabili per la mancanza di contenuto. Ciò è probabilmente la ragione del loro successo; essendo legittimo il sospetto che le parole più divulgate siano state consapevolmente o inavvertitamente scelte appunto perché esse sono adattabili a qualsiasi azione il politico deliberi poscia intraprendere, quando abbia acquistato il potere.


Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l'orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie ed investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi.

Concordo in pieno con il pezzo sulla sgrena, se fosse per me verrebbe espulsa come persona non degna..
Ciao Clem e grazie
Julia

Clem ha detto...

Sì,sono d'accordo Luigi Einaudi è stato di gran lunga il migliore.....mi ha fatto piacere conoscere quelle sue parole che ignoravo...(riprese dallo "Scrittoio del Presidente"?) io invece ricordo un'altra frase di Einaudi sulla quale,peraltro,la sinistra ha grandemente speculato facendo finta di non capire il vero significato:"Gli esportatori illegali di capitale sono i benefattori,perchè i capitali scappano quando governi dissenati e spendaccioni li dilapidano e allora portandoli altrove li salvano dallo scempio e li preservano per una futura utilizzazione quando sarà tornato il buon senso".....
grazie Julia per i passaggi e buon fine settimana
Clem