Oramai ad ogni competizione elettorale i partiti politici fanno a gara per inserire rappresentanti del genere femminile nelle proprie liste.Forse i nostri politici pensano che la presenza delle donne nelle liste sia buona a prescindere,serva a rendere più presentabile la (mala)politica italiana.Salvo poi vedere comparire sul palcoscenico politico italiana quattro sciacquette e ballerine senza nessun merito e capacità.Ma tant'è.Questo distorto e un po' snobistico atteggiamento intellettuale mi ha fatto venire in mente una celebre opera del commediografo greco Aristofane,le "Ecclesiazuse" (“Le donne al Parlamento”).Nella commedia il poeta,deluso da tanti anni di guerra e di sfacelo politico,morale e sociale delle istituzioni della sua città,immagina che il potere esecutivo,mal gestito dagli uomini,venga conquistato dalle donne con un colpo di Stato. Ottenuto il potere,le signore ateniesi,guidate da Prassagora,sconvolgono completamente gli ordinamenti precedenti introducendo una sorta di comunismo dei beni e delle donne stesse:ciascun cittadino perciò, ricco o povero, dovrà mettere in comune i propri beni e dedicarsi all’amore libero,senza più regolari matrimoni.Ne deriva una serie di conseguenze grottesche,tipiche della commedia farsesca di Aristofane:da un lato i ricchi sono reticenti a mettere in comune i propri averi, dall’altro si verifica una promiscuità sessuale senza precedenti.La commedia è una satira feroce,senza attenuanti:il governo delle donne,alla fine,non si rivela migliore di quello degli uomini,conduce anzi ad un disastro morale ed umano,oltre che politico e sociale.Ovviamente la commedia ha valore di provocazione,perché nel pensiero antico non era in alcun modo concepibile la partecipazione delle donne alla conduzione dello Stato.Ma dietro il riso e la satira,propria delle commedie di Aristofane,si nasconde l’angoscia e il disorientamento di chi ha visto la decadenza dei propri ideali.Richiamata per sommi capi la commedia di Aristofane,si può forse pensare che questa ostinazione a volere le donne a tutti i costi nella gestione della cosa pubblica,abbia origine da un presupposto errato e che anzi e al contrario,discriminatoria nei loro confronti.Fissare un giorno di festa dedicato alle donne(l’8 marzo),il determinare “quote rosa” nelle amministrazioni pubbliche,scrivere leggi sulle "pari opportunità" significa trattare il genere umano di sesso femminile come un qualcosa di “diverso”,come una particolare categoria differente,rispetto a quella "normale" del maschio.E' del tutto ovvio che le donne debbano entrare in Parlamento,come in ogni altro organismo,è giusto e inappuntabile;ma debbono arrivarci per meriti oggettivi,per capacità dimostrate,e non per una “quota” loro riservata, perché decidere a priori che un certo numero di posti è riservato alle donne è come trattarle da inferiori, è paragonabile alla riserva dei posti sugli autobus per gli invalidi o per gli anziani,categorie in certo qual modo protette perché diverse e disagiate rispetto ai comuni cittadini.L’elezione a tutte le cariche pubbliche e private dovrebbe avvenire sulla base dei meriti individuali,il solo criterio che dovrebbe valere in ogni campo;che poi questi meriti ce l’abbia un uomo o una donna,è del tutto indifferente.La verità è che in uno stato autenticamente laico e liberale non deve esserci alcuna discriminazione dell'INDIVIDUO,in quanto persona portatore/trice di diritti,uomo o donna esso sia.Alle donne,quindi,non serve nessun 8 marzo,nessuna festa "dedicata".Nessuna quota e nessuna pari opportunità.Alle donne serve "solo" che una società liberale,un vero Stato di diritto dia e riconosca all'individuo(sia esso uomo o donna)stessi diritti e stesso rispetto e che a ciascuno fornisca la possibilità di affermare i propri meriti le proprie capacità,la propria professionalità,in tutti i modelli organizzativi nei quali si articola il moderno Villaggio Globale:nella finanza,nell'industria,nel lavoro,nella cultura e anche nella politica.E serve che uno Stato di diritto tuteli le donne da ogni forma di violenza,fisica,psicologica,etnica o religiosa.E allora viva la donna in quanto INDIVIDUO libero che pensa liberamente e abbasso l'otto marzo,che è festa per chi crede di essere libero mentre libero non è.
3 commenti:
Ciao Clem, grazie del passaggio e del fatto che ti ricordi dei miei post.... Come al solito me ne sono accorta in ritardo sempre per colpa del cannocchiale..
Bellissimo questo tuo post, dovresti riproporlo per la famosa stupida festa della donna. Credo di essere tra i pochi che non scrivono nulla in proposito l'8 marzo. Concordo con ogni tua parola e mi astengo dal festeggiare questa ricorrenza che non ha veramente senso oltre che essere un falso storico.
Buon ottobre a te
Sono d'accordo con te!
Ti faccio notare, tuttavia,che l'8 marzo non è la festa della donna ma la Giornata internazionale delle donne. A livello mondiale, soprattutto, le donne hanno ancora bisogno di un aiuto, interventi concreti oltre.che norme.. Pensa alla concezione della donna nell'Islam, alla tratta di esseri umani: donne e bambine, ai matrimoni forzati, allo sfruttamento della prostituzione e tanto, tanto altro.
Di simile Sentire.Grazie,Clemente.
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