17 giugno 2018

CHE NON SIA UN'ILLUSIONE

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35 anni fa,il 17 giugno 1983,veniva arrestato Enzo Tortora,conduttore di trasmissioni tv di successo fin dagli inizi della RAI.Eppure proprio lui divenne di colpo un criminale per la giustizia e per certo giornalismo d'accatto italiano.Nessuno o quasi ebbe il coraggio di difenederlo,anzi.Solo poche grandi firme come ad esempio quella di Giorgio Bocca,ebbero il coraggio di dire che Tortora era stata la vittima del "più grande esempio di macelleria giudiziaria" del nostro Paese.E tutta l'opinione pubblica invocò il "crucifige!",col solo Partito radicale di Marco Pannella che ingaggiò una durissima battaglia per opporsi alla ferocia dissennata di una magistratura i cui protagonisti,lungi dal pagare per i propri errori,fecero poi tutti grandi balzi in carriera.Eh già.Dare addosso a Tortora era facile in quel periodo.La stampa non andò per il sottile,e ci furono opinionisti,come la radical chic Camilla Cederna,che dimostrarono una cattiveria anche odiosa e carognesca:"Se uno viene preso in piena notte-scrisse la Cederna- qualcosa avrà fatto".Sembra di rileggere nella parole della Cederna,la prima pagina del romanzo di Kafka "Il Processo"."Qualcuno doveva aver calunniato Josef K.,perchè,senza che avesse fatto niente di male,una mattina fu arrestato".Tortora era il bersaglio ideale,perchè era il vip che odiava i vip e la volgarità del divismo e non frequentava i salotti "buoni".Durò 1.768 giorni il calvario di Enzo Tortora,dall'arresto alle 4 del mattino all'Hotel Plaza di Roma fino alla morte(18 maggio 1988,cancro ai polmoni).Fu allora che gli italiani capirono che anche loro potevano essere svegliati in qualsiasi momento in piena notte,come nei regimi di polizia e portati via,senza sapere il motivo.Sì,perchè Tortora fu mandato a "prendere" alle prime ore dell'alba.Ed era tutto predisposto,giornalisti e fotografi erano stati avvertiti.Gli misero le manette,così per fare maggiore effetto.E cominciarono a fioccare i “pentiti” in un un delirio di accuse folli:ha rubato i soldi raccolti per il terremoto dell'Irpinia,ha uno yacht comprato con i guadagni dello spaccio,si incontra con Turatello,Pazienza e Calvi scambiando valigette di droga e dollari.Nessuno difese Tortora,specie la sinistra snob:era considerato un reazionario,un nazionalpopolare,con quella sua trasmisionaccia "Portobello",strappalacrime inviso ai maître à penser dei salotti buoni.Ma chi erano gli accusatori di Tortora?Il principale fu tal Pandico,killer di professione,"segretario" di Cutolo, il capo della camorra:aveva ucciso due impiegati comunali perché tardavano a rilasciargli un certificato."Schizoide e paranoico" per i medici,ed invece bocca della verità per i giudici.Un altro fu Pasquale Barra ,detto "o ‘animale",serial killer delle galere,67 omicidi in carriera tra cui lo squartamento di Francis Turatello al quale mangiò pezzi di cuore.Il più appariscente era Gianni Melluso,detto "il bello" con il suo aspetto di cialtronesca ricercatezza.Per le accuse a Tortora,in carcere viveva come un pascià,faceva l'amore quando voleva  in carcere con la fidanzata mettendola pure incinta.E intanto Tortora passa anche per sodale del boss dei boss Raffaele Cutolo;un'accusa che suscitò ironia nello stesso super criminale:nel carcere dell'Asinara,dove scontava l'ergastolo,"don Rafaé" incontrò il  "camorrista" Tortora,nel frattempo diventato europarlamentare del Partito Radicale:dopo un breve dialogo "Don Rafaè" porge la destra a Tortora,dicendogli:"sono onorato di stringere la mano a un innocente".Ma figuriamoci se i giudici potevano considerare Tortora innocente.Loro che non si scomodarono a disporre controlli,verifiche,riscontri bancari,appostamenti,pedinamenti,e,inchiodati alle versioni dei pentiti,costruirono il loro castello accusatorio.I sostituti procuratori titolari delle indagini a Napoli sono Di Pietro e Di Persia.Il processo di primo grado si apre nel febbraio 1985,più di un anno dopo l'arresto di Tortora e si conclude il 17 settembre 1985 con il conduttore,nel frattempo diventato parlamentare europeo del Partito Radicale,condannato a 10 anni.I magistrati scrissero una sentenza di 2 mila pagine dove tra l'altro era scritto "L'imputato non ha saputo spiegarci il perché di una congiura contro di lui"cioè l'inversione dell'onere della prova.E quei magistrati definirono Tortora come "cinico mercante di morte" ed "eletto al Parlamento Europeo con i voti della camorra".Evidentemente,in base a questo ragionamento,anche chi scrive e che lo votò è un camorrista.Tortora riceve una condanna inevitabile.Ma lui,già eletto a Strasburgo per i Radicali,si dimise da eurodeputato,rinunciò all'immunità e tornò in Italia per farsi arrestare:nel frattempo ha maturato una consapevolezza nuova,l'impegno assiduo in favore dei compagni di prigionia.Finalmente arrivò il giudice di Berlino.Finalmente gli credono.Il 15 settembre 1986 la Corte d'appello di Napoli sfascia mattone per mattone il castello accusatorio del primo grado,ma lui,ormai,è già minato nella salute.Tornò in tv,davanti agli italiani,insieme col suo pappagallo nella sua amata trasmissione "Portobello" con quelle pochissime, memorabili parole:"Dove eravamo rimasti?".Ma non è più lui,la voce è incrinata,il volto segnato,le lacrime sempre in agguato.E finisce così.Nessuna commissione parlamentare sull'operato dei giudici.Nessun mea culpa del giornalismo italiano,che ancora oggi continua a fare il passa veline della magistratura.Ma “il caso Tortora” non finisce,diventa emblematico,per la mostrosuità di quel caso e di quel processo.Da malato terminale,Enzo Tortora aveva presentato una citazione per danni:100 miliardi di lire.Il Consiglio superiore della magistratura(Csm)naturalmente archivia.Come pure venne archiviato il referendum,promosso dai radicali,sulla responsabilità civile dei magistrati,sorto sulle ceneri del caso Tortora:i SI sono l'80%,ma ci pensa la legge Vassalli(scritta sotto dettatura dei magistrati)a cancellare la volontà degli italiani espressa col referendum.E così il 18 giugno 1988 la malagiustizia italiana ammazzò Enzo Tortora.Ora le sue ceneri riposano al cimitero Monumentale di Milano,dentro una colonna di marmo.Sotto l'urna,che dietro il vetro sembra ricordare un uomo ridotto in cenere prima ancora di morire,c'è l'amara frase di no dei più cari amici del presentatore tv,lo scrittore Leonardo Sciascia:"Che non sia un'illusione".Che non sia un'illusione che tutta questa immane tragedia possa servire a qualcosa e a qualcuno.