31 maggio 2016

IL "CIGNO NERO"



Scriveva Giovenale:"rara avis in terris nigroque simillima cygno”("uccello raro sulla terra, quasi come un cigno nero)per indicare un fatto impossibile o perlomeno improbabile,nel presupposto che “tutti i cigni sono bianchi”.Qualche secolo dopo,però,gli  europei approdarono in Australia e scoprirono che in quelle terre i cigni neri esistevano veramente.Questo per dire che i cigni neri sono il simbolo di eventi ritenuti rarissimi e che tuttavia pure accadono.Un singolo evento è sufficiente a invalidare un convincimento frutto di un'esperienza millenaria.Gli scienziati,gli storici,i sociologi,i politologi ci dicono che il futuro è prevedibile e i rischi controllabili,ma poi va a finire che nella prevedibilità scientifica dei fatti pure si verificano fatti imprevedibili.Se il rischio di un attentato con voli di linea fosse stato prevedibile il 10 settembre,le Torri Gemelle ci sarebbero ancora.Se i modelli matematici fossero applicabili agli investimenti,non avremmo assistito al crollo di Wall Street.Questa teoria è da allora conosciuta come la teoria del cigno nero e fu esposta nel libro:"Il cigno nero"(titolo originale The Black Swan)di Nassim Nicholas Taleb, matematico,filosofo e saggista libanese,naturalizzato statunitense,
Negli ultimi anni giornalisti,investitori ed esperti di politica hanno discusso di diversi “cigni neri”.Un anno fa l’argomento all'ordine del giorno era l’uscita della Grecia dall’Unione Europea;la probabilità che questo evento si verificasse era del 50% dopo che i cittadini greci avevano deciso con un referendum di rifiutare le proposte di riforme dell’UE. Poi, quando il governo greco si arrese e approvò un accordo che prevedeva una serie di riforme in cambio di un altro prestito, si capì l'uso strumentale del referendum come arma di trattativa,e le probabilità che la Grecia abbandonasse l’UE scesero al 10 per cento.Oggi si parla dell’uscita del Regno Unito dall’UE oppure della vittoria di Trump negli USA.Secondo le previsioni  la probabilità che il Regno Unito lasci l’UE è del 31%,mentre negli USA viene assegnato a Trump il 39% di probabilità di arrivare alla Casa Bianca.Previsioni giuste?E se invece ci fosse effettivamente la "Brexit" e la Presidenza Trump?Se ci fosse un "cigno nero"?.Ed ancora. Il Leicester che vince la Premier League, nonostante le quote iniziali delle agenzie di scommesse fossero di 1 a 5.000,è stato un vero cigno nero. Come la rivoluzione ucraina tra il 2013 e il 2014.Oppure l’invasione della Crimea da parte di Vladimir Putin nel 2014.Tutti eventi di cui nessuno parlava perché ritenuti poco plausibili,finché non sono divenuti realtà.
Taleb,che non ha una grande opinione dei media e delle cose date per scontate,ha pubblicato a marzo questo post su Facebook:"L’establishment composto dai giornalisti,i mezzobusti che distribuiscono str*****e con il loro bell’eloquio,i gruppetti di burocrati,gli aspiranti lobbisti,i finti intellettuali abbonati al New Yorker,i colletti bianchi attenti solo all’immagine ma vuoti dentro,quelli che cercano di infiltrarsi nei salotti importanti di Washington,e gli altri membri benpensanti delle élite sempre pronte a dire la loro,tutte queste persone non hanno capito il senso di quello che sta succedendo e la sterilità dei loro ragionamenti.Le persone non stanno votando Trump.Le persone stanno finalmente votando per distruggere l’establishment".
Sì, è proprio così.Per fortuna i "cigni neri" ci sono e sono forse più di quello che si pensi.

24 maggio 2016

LA BRUTTA BESTIA









Il 24 maggio 1915 l'Italia entrò in guerra contro l'Impero austro-ungarico,in quella che fu una delle più grandi tragedie della storia dell'umanità.Su di essa,sulla Grande Guerra,la cultura italiana produsse,in tempi diversi,diversi modi di sentire gli accadimenti di quei giorni.Come Carlo Emilio Gadda,ad esempio,che scrisse "Giornale di guerra e di prigionia – Diario di Caporetto",nel quale riportò il suo personale diario dal fronte di guerra dal 24 agosto 1915 al 31 dicembre 1919.Gadda,arruolato volontario nel 1915,era un interventista convinto.Ed era del tipo di interventista ideologico,quello che andava addirittura oltre il nazionalismo;interventismo fatto di un astratto amore per la guerra,ingenuo,ma irresponsabile:tipico di buona parte della borghesia intellettuale italiana di quegli anni,affascinata dalla retorica dannunziana e dall’affabulazione futurista,ma anche dal nazionalismo più duro,dalle suggestioni irredentiste:che tanto fece per contribuire alla sciagurata partecipazione al conflitto,che sarebbe costata mezzo milione di morti al paese.In realtà nel suo "Giornale",Gadda raccoglie più che altro i suoi umori che non sembrano aver molto a che fare con la retorica dell’interventismo dannunziano o l’autentico slancio risorgimentale di un Cesare Battisti.

E' stato sempre difficile,per la cultura italiana,parlare in forma di romanzo o di film della “grande guerra” in Italia,considerato materiale retorico per il fascismo,come profonda frattura della memoria difficilmente componibile per le forze progressiste che dominano la cultura italiana del dopo seconda guerra mondiale.E' infatti solo del 1959 il primo film che ne affronta con un sorriso beffardo il senso di “inutile strage”."La Grande Guerra" di Mario Monicelli,vede protagonisti i due volti più noti del cinema italiano:Vittorio Gassman e Alberto Sordi,rispettivamente il fante milanese Giovanni Busacca e il fante romano Oreste Jacovacci. Arruolati a forza nonostante i comici bluff,i due fanno vivere per la prima volta sul grande schermo il dramma della trincea e nonostante la codardia s’immolano convintamente contro il nemico.Nel film viene pure detto di tutta l'incapacità dei comandi militari italiani,ancora legati agli schemi classici delle guerre ottocentesche e perciò del tutto impreparati al nuovo modo di condurre le battaglie.Proprio da qui derivarono i massacri di tanti giovani mandati al macello fuori le trincee carniche per ordini assurdi ed insensati.Tra i libri è ancora da ricordare "Un anno sull'altipiano" di Emilio Lussu,uscito nel 1937,in pieno ventennio,senza troppa fortuna proprio perché contrastava la retorica fascista sulla prima guerra mondiale.Lussu, sottoufficiale dell’eroica Brigata Sassari nel ’15-‘18,interventista liberaldemocratico vicino a Salvemini, compone senza concedere nulla all’emotività un diario dal fronte in cui emerge la crudeltà della sadica disciplina militare e il sacrificio continuo di uomini per assalti alla baionetta alla luce del giorno e sotto le mitragliatrici austriache.Da questo gioiello letterario Francesco Rosi trarrà un film altrettanto misconosciuto nel 1970:"Uomini Contro".Un pamphlet politico crudo,con un’impostazione pacifista e il tratteggio robusto del senso di rivolta alla disciplina militare quasi fosse la metafora della lotta di classe per un appartenente al PCI come all’epoca era Rosi. Per altri vent’anni però lo sguardo sulla “grande guerra” si rispegne.Sarà uno dei più importanti registi italiani,Ermanno Olmi,con "Torneranno i prati",a ricordare l’insensatezza del conflitto con una chiosa lasciata recitare ad un pastore dopo la ritirata dei soldati:“La guerra è una brutta bestia che gira il mondo e non si ferma mai”.Come aveva ragione(purtroppo)il pastore.

11 maggio 2016

NOI LIBERALI







Di Giovanni Malagodi rimane soprattutto il ricordo della sua fierezza dell'essere liberale.Nonostante tutto,nonostante le sue scelte politiche che produssero contrasti profondi nel Pli,non si può che ringraziarlo per le idee e i valori di libertà che ha insegnato ai liberali.Ma in fondo anche il Paese,oltre che i liberali,deve qualcosa a questo spirito liberale.Gli deve un "grazie" per non essere stato uomo di parte ma un vero statista,come un vero liberale deve essere:portatore di idee,giudizi,valori diretti ad una laica difesa delle istituzioni.Giovanni Malagodi fece scoprire al Pli il "piacere" ed il valore etico-politico dell'opposizione senza appiattimenti e sottomissioni alle lusinghe del potere,in un Paese da decenni spaccato tra il governo-Stato e le opposizioni-antistato.Da uomo convintamente liberale respinse con decisione,quasi con sdegno,la proposta di una "Grande Destra",di un'alleanza,cioè,con l'Msi almirantiano.Figuriamoci.Proprio lui,orgoglioso come era della superiorità etica e morale del liberalismo.Malagodi seppe contrastare il capostipite dei boiardi di Stato,quell'ing. Mattei,ancora oggi tanto celebrato dalla cultura statalista e centralista italiana.Allo stesso modo avversò,in una coerente logica liberale,le scelte di pianificazione economica del centrosinistra appena nato:la collettivizzazione dell'agricoltura,la nazionalizzazione dell'energia elettrica, la creazione delle Regioni(con lungimiranza vide in esse un aggravio della spesa pubblica,oltre che una fonte di corruzione del sistema politico italiano).E poi ancora fu contro il monopolio dell'informazione radiotelevisiva e contro l'assistenzialismo come filosofia di governo e pratica di sottogoverno.E poi le sue battaglie laiche,come quella a favore della legge sul divorzio,proposta dal liberale Baslini.Si potrà non essere d'accordo con le sue scelte politiche,giudicate da alcuni troppo conservatrici,fino a quando la linea del PLI subì un cambiamento con Valerio Zanone,ma i liberali devono molto a Giovanni Malagodi.Gli devono l'idea ed il valore della moralità della politica.Perchè fece capire che per un liberale non è mai inutile impegnarsi e combattere anche quando la vittoria è lontana.Ed ai tanti,ai troppi che oggi si vantano di essere liberali,bisognerebbe  ricordare che per essere veri liberali bisogna rinunciare a prebende clientelari,alle lusinghe del potere.E proprio in questi giorni nei quali un banditesco sistema bancario rovina individui,imprese e famiglie,bisognerebbe ricodare proprio gli insegnamenti di Malagodi,che fu il più grande allievo e collaboratore di Raffaele Mattioli. Per Malagodi c'è un'etica e una moralità anche nell'economia,in una logica di solidarietà e aiuto alle famiglie e di incoraggiamento all'iniziativa economica privata.Da lui i  liberali italiani hanno appreso una passione culturale e civile di respiro internazionale.E' vero.Giovanni Malagodi,come capita a chi ha un forte spessore politico e culturale,ha avuto forti critiche proprio dai liberali per le sue scelte conservatrici.E nell'intento di ribattere a chi in realtà osteggiava il liberalismo in anni a tratti drammatici,ha compiuto valutazioni discusse e discutibili.Il Pli si trovò appoggiato soprattutto da chi era influenzabile dalla paura,qualunquisti e conservatori.Che lo lasciarono non appena si accorsero che il Pli di Malagodi non era dei loro e non era disposto né a puntellare un potere discutibile né a fomentare avventure.Nel 1953 l'ala sinistra dei Villabruna e dei Pannella lasciò il Pli accusando Malagodi di conservatorismo.Sembrerà strano ma si potrebbe dire che Giovanni Malagodi non era un liberale conservatore,almeno nel senso stretto del termine.Emblematico del suo modo d'essere lo scontro avuto nell'ottobre 1989 al Municipio di Parigi,al ricevimento ufficiale di Chirac,allora sindaco, per i congressisti di Liberal International.Al saluto di Chirac "Tutti noi liberali",Malagodi replicò con durezza con un secco:"voi conservatori,NOI liberali".Liberali come Einaudi,come Croce,comeMalagodi,appunto.