25 gennaio 2015

CIAO SIGNOR "G"





Era il 25 gennaio 1939 quando nasceva Giorgio Gaber,il signor "G" tanto per intenderci.Credo che sarebbe banale affidare alla retorica qualche considerazione sulla sua vita,sulla sua arte,soprattutto sul suo pensiero,sul suo "libero" pensiero,che fu sempre fuori da ogni logica di parte,fuori da ogni tentativo di "appropriazione" indebita.Da sinistra,come da destra.Del resto basta ascolatre la sua canzone "Sinistra e Destra" per capire come la pensasse sulla Sinistra e sulla Destra italiana,sul sistema politico e partitico italiano.E così alla fine ho deciso di non scrivere niente.E così alla fine ho deciso di andare a leggere il testo della sua prosa "la Democrazia".E così alla fine ho deciso di leggere il testo della sua prosa "Il voto".Lì (anche lì) c'è tutto il Gaber-pensiero


LA DEMOCRAZIA 


Dopo anni di riflessioni sulle molteplici possibilità che ha uno Stato di organizzarsi sono arrivato alla conclusione che la democrazia è il sistema più democratico che ci sia. Dunque, c’è la democrazia, la dittatura… e basta.Solo due.Credevo di più.La dittatura, chi l’ha vista,sa cos’è,gli altri si devono accontentare di aver visto la democrazia. Io, da quando mi ricordo, sono sempre stato democratico, non per scelta, per nascita. Come uno che quando nasce è cattolico, apostolico, romano. Cattolico pazienza, apostolico non so cosa vuol dire, ma anche romano..Del resto,come si fa oggi a non essere democratici?
Sul vocabolario c’è scritto che la parola “democrazia” deriva dal greco e significa “potere al popolo”. L’espressione è suggestiva e poetica. Ma in che senso potere al popolo? Come si fa? Questo sul vocabolario non c ‘è scritto. Si sa però che dal ’45, dopo il famoso ventennio, il popolo italiano ha acquistato finalmente il diritto al voto. È nata così la “democrazia rappresentativa”, nella quale tu deleghi un partito che sceglie una coalizione che sceglie un candidato che tu non sai chi è e che deleghi a rappresentarti per cinque anni. E se lo incontri ti dice: «Lei non sa chi sono io»… certamente.
Questo è il potere del popolo. Ma non è solo questo: ci sono delle forme ancora più partecipative. Il referendum, per esempio, è una pratica di “Democrazia diretta”… non tanto pratica, attraverso la quale tutti possono esprimere il loro giudizio su tutto. Solo che se mia nonna deve decidere sulla Variante di Valico Barberino-Roncobilaccio, ha effettivamente qualche difficoltà. Per fortuna deve dire solo un “Sì” se vuol dire no, e un “No” se vuol dire sì. In ogni caso ha il 50% di probabilità di azzeccarla. Comunque il referendum ha più che altro un valore simbolico, perché dopo aver discusso a lungo sul significato politico dei risultati… tutto resta come prima e chi se ne frega.
Un altro vantaggio che la democrazia offre a mia nonna, cioè al popolo, è la libertà di stampa. Nei regimi totalitari si chiama propaganda, e tu non puoi mai sapere la verità;in democrazia si chiama informazione, che per maggiore chiarezza ha il pregio di essere pluralista. Sappiamo tutto… sappiamo tutto ma anche il contrario di tutto, pensa che bello! Sappiamo che l’Italia va benissimo, ma che va anche malissimo. Sappiamo che l’inflazione è al tre, al quattro, al sei ma anche al dieci percento, pensa che abbondanza! Sappiamo che i disoccupati sono il 12%, non si sa bene di cosa, e che possono aumentare o diminuire a piacere, a seconda di chi lo dice. Sappiamo dati, numeri, statistiche. Alla fine se io voglio sapere quanti abitanti ci sono in Italia, vado sulla Variante di Valico Barberino-Roncobilaccio e li conto:chi va al sud, chi va al nord. Altro che ISTAT!
Un’altra caratteristica della democrazia è che si basa esclusivamente sui numeri, come il gioco del Lotto, anche se meno casuale, ma più redditizio. Più è largo il consenso del popolo, più la democrazia, o chi per lei, ci guadagna. Quello del popolo è sempre stato un grosso problema per chi governa: se ti dà il suo consenso, vuol dire che ha capito, che è consapevole e anche intelligente; se no è scemo.Comunque l’importante è coinvolgere più gente possibile. Intendiamoci:la democrazia non è nemica della qualità,è la qualità che è nemica della democrazia.
Mettiamo come paradosso che un politico sia un uomo di qualità. Mettiamo anche che si voglia mantenere a livelli alti. Quanti lo potranno seguire? Pochi. Pochi, ma buoni. Eeh no, in democrazia ci vogliono i numeri, e che numeri! Bisogna allargare il consenso, bisogna scendere alla portata di tutti, bisogna adeguarsi! E un’adeguatina oggi e un’adeguatina domani, e l’uomo di qualità ci prende gusto e… tac! Un’abbassatina. Poi c’è un altro che si abbassa più di lui e… tac tac! Un’altra abbassatina. Ogni giorno si abbassa di cinque centimetri.
E così, quando saremo tutti scemi allo stesso modo, la democrazia sarà perfetta!

IL VOTO


Secondo me, se va avanti così, va a finire che a votare non ci va più nessuno.
No, dico, è una cosa grave. Grave per chi? Per la gente, no. Per i Partiti, nemmeno, tanto rimane tutto uguale. Lo Stato è lì, bello solido. E allora perché è grave? Ma se in America, che sono sempre più avanti di noi, non va a votare quasi nessuno. Che democrazia, eh! Stiamo diventando americani anche in questo.
E pensare che nel dopoguerra si picchiavano per andare a votare. Si picchiavano nelle strade, gran passione, nelle piazze, scontri, comizi, bianchi, neri, repubblicani, monarchici, destra, sinistra, tutti alle urne, anche le donne finalmente. Il suffragio universale.
Adesso, quella domenica lì, quelli di sinistra vanno a Riccione, quelli di destra vanno in Sardegna... il naufragio universale.
Ma perché fate le elezioni d'estate, che vince sempre il mare.
Il fatto è che la gente non pensa, o forse non sa, che appena gli arriva il certificato elettorale… DLIN!... scatta il suo contributo di lire quattromila che verrà diviso proporzionalmente tra i Partiti. Ma se uno non va a votare, le quattromila lire le paga lo stesso? Certo. Ma come sarebbe a dire? Uno entra in un supermercato, non compra la mostarda perché gli fa schifo, mica gliela fanno pagare. E se gli fanno schifo i partiti? DLIN! Quattromila.
Certo che se le quattromila lire invece di farcele pagare ce le dessero, avrebbero risolto il problema dell'affluenza alle urne.
D'altronde il voto è un diritto-dovere. Anche questa è bella. Che sia un diritto lo abbiamo capito tutti. Che sia un dovere, ultimamente non l'ha capito nessuno.
Che mestiere strano quello del politico. È l'unico mestiere in cui uno dice: «Io sono il più bravo». E se lo dice da sé. E te lo scrive, e te lo grida, nelle piazze, nei comizi. «Io sono l'uomo giusto al posto giusto». Complimenti. Quello che mi piace dei politici è la faccia come il culo.
Eccoli qua. Verifichiamo gli schieramenti. Ci mettiamo davanti a un tavolo con tutti gli omini e…
D'Alema di qua, Berlusconi di qua, belli lontani… per ora.
Veltroni vicino a D'Alema, Fini vicino a Berlusconi. Quando si dice "vicino", si fa per dire. Bertinotti a sinistra, più a sinistra, ancora più a sinistra…. Oddio mi è sceso dal tavolo. E adesso come faccio? Prodi… lo mando in Europa. Casini vicino a Berlusconi, più indietro, indietro un casino. Di Pietro da questa parte, anche se andrebbe dall'altra, ma non importa. Maledizione! Cossutta mi sta risalendo sul tavolo. Dini, Dini lo bacio… che diventa un gran figo. Segni… Segni lo butto via. Bossi lo metto su un tavolo a parte, che gioca da solo. La Bonino… la Bonino per ora la tengo qui, in sospeso, poi casomai si fa un referendum. Buttiglione… lo metto di qua e lui salta di là, poi salta di qua, e poi salta di là. Sta' fermo, Rocco! Che mi rovini il giochino! Macché, saltano tutti, Buttiglione, la Pivetti, Scognamiglio, Masi, anche Mastella è sempre lì che si prepara. Ma sì, ma sì, ma sì, saltate pure. Tanto si sa benissimo che invertendo l'ordine dei fattori il prodotto purtroppo non cambia.
E allora come si fa a tacciare di sterile menefreghismo uno che non vota? Potrebbe essere un rifiuto forte e cosciente di "questa" politica.
No, perché non è mica facile non andare a votare. Soprattutto non è bello farlo così, a cuor leggero, o addirittura farsene un vanto. C'è dentro il disagio di non appartenere più a niente, di essere diventati totalmente impotenti. C'è dentro il dolore di essere diventati così poveri di ideali, senza più uno slancio, un sogno, una proposta, una fede.
È come una specie di resa.
Ma al di là di chi vota e di chi non vota, al di là dell'intervento, al di là del fare o non fare politica, l'importante sarebbe continuare a "essere" politici. Perché in ogni parola, in ogni gesto, in qualsiasi azione normale, in qualsiasi momento della nostra vita, ognuno di noi ha la possibilità di esprimere il suo pensiero di uomo e soprattutto di uomo che vuol vivere con gli uomini.
E questo non è un diritto. È un dovere.


Sì.Li ho letti questi due testi.E poi li ho riletti.E poi li ho riletti ancora.E ho capito:ecco perché era grande il signor "G". Lui la Democrazia sapeva veramente cos'era.Noi italiani che ci siamo ritrovati con tre governi che nessuno di noi ha votato,possiamo dire di conoscerla più la democrazia,sappiamo più cosa significa "vivere" la democrazia?Possiamo dire che c'è democrazia quando è la grande finanza internazionale a dirci come dobbiamo vivere, come debbono essere le nostre vite?
E non ci vuol davvero coraggio quando decidiamo di non votare più,non perché ci piace il mare,ma perché tutti,ma proprio tutti,"questi" partiti italiani ci hanno rubato i nostri sogni,le nostre speranze, i nostri ideali?
Tu avevi già capito tutto,caro il mio signor "G".Lo avevi capito già tanto tempo fa. E hai avuto il coraggio di dirlo.Noi italiani,invece,abbiamo continuato a fare i "tifosi" della Destra o della Sinistra.E adesso che queste cose che dicevi si sono verificate ci accorgiamo di essere più poveri:di vita,di democrazia.



16 gennaio 2015

UNA NORMALE ILLEGALITA'

All'interno degli ambienti mafiosi Bernardo Provenzano era soprannominato "la Belva" per la quantità(i pentiti rivelarono che avrebbe ammazzato più di 40 persone)e l'efferatezza dei suoi omicidi.Ed è per questo che lo Stato italiano vinse una grande battaglia con l'arresto di Provenzano dopo 43 anni di latitanza.Adesso Provenzano è in carcere,in regime di carcere duro,quello previsto dall'articolo 41 bisMa anche le belve invecchiano,anche le belve s'avviano verso l'ultima strada,quella della Morte.Ed infatti una commissione medica ha accertato che Provenzano ha un “grave decadimento cognitivo,dovuto agli esiti di una devastante emorragia cerebrale oltre alla presenza di una neoplasia prostatica".Altri medici,poi,haano accertato che Provenzano "ha uno stato cognitivo “irrimediabilmente compromesso”.Ora,pur non essendo un medico,mi par di capire che Provenzano proprio bene non stia,a dir così.
Difronte a una situazione del genere certe domande ti vengono spontanee e certe risposte uno Stato di diritto ed in particolar modo la Giustizia e la magistratura italiana,le deve pur dare."Come mai la magistratura,QUESTA magistratura italiana, non prende in considerazione quelle attestazioni mediche e non mette fine allo stato di isolamento previsto dall'art. 41bis?Sì,perchè,"incredibilis dictu",un tribunale dello Stato italiano ha deciso che quell'essere così malridotto "può ancora impartire ordini a qualche suo sodale.Già.Incapace di provvedere a se stesso ma capace di "impartire ordini"alle cosche siciliane.Eppure la Costituzione, sbandierata come la migliore al mondo, prevede la tutela da ogni violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizioni di libertà e le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità:anche se il detenuto si chiama Bernardo Provenzano.Anche se il detenuto è un  criminale incallito.
Ma Provenzano non è l'unica vittima di questa ordinaria giustizia ingiusta italiana.Anche l'ex Governatore della Regione Sicilia,Salvatore Cuffaro,condannato a 7 anni di carcere per collusioni mafiose,ne sa qualcosa.Ed anche qui certe domande è d'obbligo porsele.Perché al detenuto Cuffaro che ha già scontato oltre metà della pena,a un condannato che per il suo atteggiamento processuale ha ricevuto persino gli elogi del giudice che l'ha condannato,si nega un permesso per andare a trovare la madre novantenne gravemente malata?Già.Anche questo è accaduto.A Totò Cuffaro la magistratura non ha concesso il permesso per andare a trovare la propria madre morente.Ed ancor più turpe e agghiacciante è la motivazione che il giudice ha dato per il mancato rilascio del permesso:"il deterioramento cognitivo evidenziato,svuota senz'altro di significato il richiesto colloquio poiché sarebbe comunque pregiudicato un soddisfacente momento di condivisione".Cioè,parlando in italiano,significa che la mamma  di Cuffaro non capisce più nulla,ha la demenza senile,quindi nemmeno lo riconoscerebbe.E già un altra volta questo Stato,questa Giustizia ha usato violenza ai diritti di Cuffaro.Due anni fa,il 31 dicembre 2012,morì il padre di Cuffaro.Il permesso al detenuto per il funerale fu concesso il 2 gennaio,cioè dopo il funerale.Il primo di gennaio non si poteva,era festa,ed i magistrati evidentemente stavano ancora festeggiando l'arrivo del nuovo anno.E così il permesso arrivò solo dopo il funerale a tumulazione avvenuta.
Come queste storie,conosciute solo per il nome dei detenuti,ci sono altre mille storie uguali in questo sciagurato e criminogeno sistema giudiziario italiano.Storie di ordinaria illegalità di uno Stato che stato di diritto proprio non è.
Ora Provenzano ha ammazzato più di 40 persone.Ora Cuffaro avrà avuto collusioni con la mafia(condannato per "concorso esterno":che roba sia questo reato ancora non si capisce,dato che in nessun altro ordinamento penale al mondo è prevista questa fattispecie di reato).Ma anche i detenuti hanno i loro diritti,anche i carcerati devono essere tutelati in uno stato di diritto.E anche la magistratura ha il dovere di rispettare le leggi ed il cittadino-detenuto,e non rivendicare i propri privilegi così come sicuramente accadrà tra poco,quando sarà pomposamente celebrato l'inizio dell'anno giudiziario.Cioè un altr'anno di mancata legalità giudiziaria.E se ancora questi diritti e questi doveri continueranno a non essere rispettati,significa che non si è in uno stato di diritto,in uno stato democratico.Se ciò non accade,davvero il cittadino deve temere questo stato di cose,davvero deve "temere" questo Stato di "normale" illegalità.

05 gennaio 2015

DON ENRICO




Adesso che "lui",che l'ultimo Presidente della Repubblica,Giorgio Napolitano ha(finalmente)deciso di andarsene,adesso che tutti sono impegnati a fare il toto-presidente,a pronosticare chi sarà il presidente prossimo venturo,proprio adesso è invece più serio e interessante andare a rileggere la storia del Primo presidente della Repubblica,o per meglio dire,del primo capo di stato provvisorio,perchè a quel tempo la costituzione non era ancora stata approvata.La storia di Enrico De Nicola.Curioso.Il primo presidente della neonata Repubblica Italiana era un monarchico:Enrico De Nicola,napoletano,politico liberale,avvocato penalista,insigne giurista, che nei Tribunali detestava la retorica(“è il cloroformio delle Corti d’Assise”).
All’indomani del referendum istituzionale del 2 giugno, che sancì per un soffio e tra mille polemiche di brogli la vittoria della Repubblica sulla Monarchia,le massime cariche dello Stato erano occupate da due settentrionali:il trentino Alcide De Gasperi al governo,il piemontese Giuseppe Saragat alla Costituente.Ma nella fase di costruzione della Repubblica,bisognava "ingraziarsi" anche il Sud che aveva votato in massa per Casa Savoia,attribuendo quindi ad un meridionale la Presidenza della Repubblica.I candidati alla presidenza erano Vittorio Emanuele Orlando e Benedetto Croce.Ma tra i papabili c’era pure Enrico De Nicola, ex deputato liberale e ministro giolittiano.
La Dc bocciò subito Croce:troppo “laico”.Ed il Pci bocciò Orlando:nel referendum aveva sponsorizzato un po’ troppo la causa monarchica.E così la scelta ricadde su di lui,su "Don" Enrico De Nicola.De Nicola venne eletto il 27 giugno, al I scrutinio,con il 74 %: 397 voti su 501.
Conoscendo il personaggio,tutti,da subito,si posero la domanda:"don" Enrico accetterà l’incarico?",lui che ogni incarico era solito rifiutare:a ministro,a deputato,a sindaco di Napoli.Il grande giornalista e politico liberale Manlio Lupinacci lo canzonò sul "Giornale d’Italia": “Onorevole De Nicola,decida di decidere se accetta di accettare”.E finalmente il bizzarro e bizzoso neoeletto risponde:“M’inchino alla volontà popolare”,senza neppure un ringraziamento ai deputati che l’hanno eletto a Presidente della Repubblica.“Presidente provvisorio, prego”,precisò risentito "don" Enrico a chi lo aveva chiamato Presidente della Repubblica.
E il 1° luglio,giorno del giuramento, tanto per non smentirsi,si fece attendere non poco,davanti al palazzo di Montecitorio dove c'era una folla di parlamentari,giornalisti e semplici curiosi che aspettavano con ansia il suo arrivo.Davanti al portone,un picchetto d’onore e un duplice schieramento di carabinieri.Ma don Enrico non arrivava.Solo dopo un bell'aspettare il "corteo" presidenziale apparve in fondo alla piazza.In realtà il "corteo" era formato da una sola automobile,quella privata di De Nicola.Al suo fianco,oltre all’autista,c'era il nipote visto che il neopresidente era scapolo.Ma la valigia di cuoio,suo unico bagaglio,quella assolutamente pretese di portarsela da solo.Quando gli descrissero gli appartamenti presidenziali approntati per lui al Quirinale,nemmeno li visitò:lui è “provvisorio”,mica può risiedere in quella "dimora".E così andò ad abitare a Palazzo Giustiniani,uno dei luoghi più bui di tutta Roma.
Per mesi,poi,il Primo Ministro De Gasperi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giulio Andreotti,tentarono di convincerlo a firmare il decreto che gli avrebbe attribuito l’appannaggio presidenziale(12,5 milioni di lire).Figuriamoci:De Nicola dovrebbe firmare un simile "atto".Eppure lui adesso è quasi povero,avendo perduto tutti i suoi risparmi professionali investendoli in buoni del Tesoro all’inizio della guerra.Ciò nonostante rifiuta l’appannaggio presidenziale.
Celeberrimo,poi,il suo cappotto rivoltato,sempre lo stesso,con cui partecipava alle cerimonie ufficiali:un giorno,non foss'altro per le pressioni degli imbarazzati collaboratori,lo mandò finalmente al suo sarto di Napoli per la riparazione:quello gli fece il lavoro gratis,rifiutando i soldi.Non l'avesse mai fatto:da quel giorno "don" Enrico gli levò il saluto.Ecco questa è la vera storia di un Uomo vero,prima ancora che di un Presidente(anche se provvisorio).La storia di un liberale vero e di un uomo-galantuomo. 
Poi vennero i Gronchi e gli Scalfaro,i Ciampi e i Napolitano.Ma queste sono altre storie.Brutte storie in verità.

04 gennaio 2015

INDEGNA



La vicenda è nota.Nel 2005 Giuliana Sgrena,la giornalista del "Manifesto" venne rapita in Iraq dall'organizzazione della Jihad islamica mentre si trovava a Baghdad per realizzare una serie di reportage per il suo giornale.La Sgrena venne poi liberata dai servizi segreti italiani(Sismi),in circostanze drammatiche che portarono all'uccisione del dirigente del Sismi Nicola Calipari, il quale,dopo una lunga trattativa,la stava portando in Italia.Per inciso la liberazione della Sgrena avvenne a fronte del pagamento di un riscatto di "solo" 5.000.000 euro (chissà quante altre armi sono state acquistate od attentati orditi con quei soldi).
Dopo quella vicenda la Sgrena,tra una presentazione e l'altra dei suoi libri scritti sulla sua vicenda("Il ritorno" e "Fuoco amico")che insomma qualche soldino pure le hanno fruttato,e che,com'è probabile,furono acquistati soprattutto da quei frequentatori dei salotti rossi e radical-chic,presso i quali lei è diventata un qualcosa tra l'eroina e la martire,ha trovato il tempo di occuparsi anche d'altro.Si è occupata,ad esempio,dei due fucilieri della Marina Militare,Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.Son quasi 2 anni che la Sgrena attacca violentemente i militari della Marina Militare Italiana,da 3 anni detenuti in India per la morte di due pescatori,ma senza ancor che nessun capo d'imputazione sia stato loro contestato.La Sgrena,deve aver memoria corta e non dice che proprio dei rappresentanti dello Stato italiano l'hanno salvata.Rappresentanti lo Stato come Calipari,ad esempio.Rappresentanti lo Stato come,Latorre e Girone,per esempio.Per Giuliana Sgrena,invece,quei due ragazzi detenuti in India, sono due delinquenti e assassini.Non basta.Adesso,commentando un viaggio di Vladimir Luxuria in Russia,la signora Sgrena dice che per lei"è umiliante essere paragonata ai due militari italiani"."È sciocco ma ancor più umiliante-ha detto la Sgrena-esser paragonata al caso dei due marò,cosa che mi lascia totalmente basita e più che altro inorridita dell’accostamento in quanto si tratta di casi totalmente differenti.(....)sono stanca di venir sempre paragonata al caso dei militari italiani.(....)non abbiamo nulla da spartire con questi due individui.È vergognoso che due virtuali delinquenti ci vengano affiancati in maniera così ossessiva".
Oggi,dopo le parole usate contro i marò,vado a riguardare le immagini della Sgrena inginocchiata e disperata dinanzi alle telecamere dei terroristi e ripenso alle sue successive dichiarazioni,quando diceva che in fondo quelli della Jihad erano brava gente,che era stata trattata bene e che comprendeva i motivi più che giusti della loro lotta.
Che dire?Questa tizia è solo e soltanto un povero,piccolo,miserabile e inutile essere.Provo soltanto un sentimento di disgusto per questa donna,indegna di essere connazionale di un galantuomo e di un eroe vero come Nicola Calipari.Indegna di essere connazionale con i due Marò.Indegna di essere connazionale di Fabrizio Quattrocchi,che in punto di morte pronunciò l parole:"Vi faccio vedere come muore un italiano".Lei,la Sgrena,invece è indegna di essere italiana.Semplicemente indegna.

Ripropongo qui di seguito un post che scrissi un po' di tempo fa,intitolato"IMMAGINI SFOCATE" scritto su quella che per la sinistra italiana è la martire Giuliana Sgrena.E pubblico il video di Luciano Pecorelli che sottoscrivo in pieno.




Me li ricordo ancora.Mi ricordo "quegli" stricioni,quelle gigantesche foto,esposte dai balconi dei grandi comuni d'Italia (quasi tutti amministrati dalla sinistra) e da tanti altri luoghi istituzionali,con i quali si cercava (giustamente) di sensibilizzare l'opinione pubblica italiana ed internazionale per la liberazione di "quegli" ostaggi.Si chiedeva (giustamente) la liberazione delle due Simone,di Giuliana Sgrena,del giornalista di "Repubblica" Daniele Mastrogiacomo,dei volontari di "Emergency".A loro nessuna istituzione negò mai solidarietà partecipazione e.....balconi.
Ma ora non c'è stato nessuno striscione,nessuna grande foto appesa ai balconi dei Comuni di Milano,Torino,Napoli o Canicattì.Nessuno ha aperto bocca.Nessuno ha mosso un dito per chiedere che ai due "marò" arrestati in India, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone fosse riconosciuta la stessa solidarietà.Chissà perchè adesso no.E chissà perchè non ha chiesto la stessa "mobilitazione" proprio quella Giuliana Sgrena,la giornalista del "Manifesto",rapita in Iraq da gruppi terroristici e salvata grazie all’impegno del governo Berlusconi e al sacrificio del funzionario del Sismi,Nicola Calipari.Al contrario.Altro che "mobilitazione".In un articolo la Sgrena ha scritto e chiesto ben altro.Per lei la diplomazia italiana non si deve "impegnare" per la loro liberazione.Perchè se i due militari venissero giudicati da tribunali civili e militari italiani,ci sarebbe una "impunità" e i due"verrebbero velocemente scagionati".Per lei i due marò devono "rispondere" di quei fatti.Ma in India,non in Italia.In India,dove è prevista anche la pena di morte. Insomma per la Sgrena i due marò sono colpevoli.A prescindere.E forse sono colpevoli proprio perchè sono "marò",proprio perchè sono dei militari.Perchè,scrive la Sgrena,se i due militari fossero rimessi in libertà,prevarrebbero di nuovo e soltanto "logiche militari".Già.Logiche militari.Forse la Sgrena non ricorda che deve la propria salvezza al sacrificio di un uomo in divisa.E forse la Sgrena non ricorda le immagini (anche se sfocate) di quando piangente,supplicante,implorante,chiedeva allo Stato italiano di intervenire per la sua salvezza.
Ma dietro l'articolo della Sgrena è facile cogliere gli stessi schemi mentali e lo stesso odio di mezzo secolo fa quando i comunisti italiani non consideravano i militari figli della stessa bandiera,ma servi di un sistema colpevole di contrapporsi all’Unione Sovietica.E ancora oggi le frange più estreme della sinistra sputano sulla bandiera italiana e urlano contro i militari slogan come «10,100,1000 Nassirya».Ma anche le forze della sinistra che così violente e assassine non sono continuano a mostrare nei confronti delle Forze armate sentimenti che vanno dall’estraneità all’ostilità.
In questo contesto adesso la Sgrena ha fastidio a ricordare l’immagine televisiva di lei ferita tra le braccia di un funzionario dei nostri servizi segreti.Ed Emergency e Gino Strada si guardano bene dal collaborare con i nostri militari in Afghanistan.Ed un sindaco di Milano,reduce di Democrazia proletaria e di Rifondazione comunista,si rifiuta,con tutta la sua giunta,di esporre uno striscione per chiedere la liberazione dei nostri due marò.E nessuno di loro ha voluto rivedere quelle sfocate immagini,girate dai suoi rapitori,nelle quali una Giuliana Sgrena inginocchiata e piangente, supplicava lo Stato italiano (quello stesso Stato che è onorato in operazioni di pace in tante parti del mondo dai "marò" e da altri uomini in divisa)di venirla a salvarla.Forse perchè sono sfocate quelle immagini.Troppo sfocate.




https://www.youtube.com/watch?v=4DwqlUupezQ