26 agosto 2013

WE SHALL OVERCOME


50 anni fa,il 28 agosto 1963,Martin Luther King,pronunciò il suo celeberrimo discorso "I have a dream" (ho un sogno).Indimenticabili le sue parole: 
Io ho un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli degli ex-schiavi e i figli degli ex-schiavisti possano sedere assieme al tavolo della fratellanza.....Io ho un sogno! Io ho un sogno: che un giorno,laggiù in Alabama,dove il razzismo e forte,un giorno,proprio lì,in Alabama,le bambine e i bambini neri possano prendere per mano le bambine e i bambini bianche come sorelle e fratelli.....“Io ho un sogno,oggi! Che la gente non venga valutata in base al colore della pelle,ma per le sue capacità. […] Ogni progresso compiuto scaturisce dal lavoro di individui illuminati, capaci di unire gli sforzi di tutti per il bene di tutti”.
Dopo 50 anni, la sua eredità spirituale non è andata perduta,non poteva andare perduta e ancor'oggi,tanta gente,tanti giovani che anelano a qualcosa di più e di meglio per sè,per il mondo per gli "altri",mostrano il desiderio di condividere il suo lavoro.
Molti ritengono che l'elezioni a Presidente degli Stati Uniti d'America di un uomo di colore abbia finalmente realizzato il sogno di Martin Luther King.Ma è proprio così? In realtà ancora oggi,nonostante tutti i passi in avanti compiuti,molto lavoro resta ancora da fare.Le coraggiose lotte non violente di Martin Luther King,combattute senza paura con la sola forza delle idee,combattute fino in fondo sino al sacrifico estremo della propria vita,si contestualizzarono in una favorevole congiuntura politico-culturale-sociale venutasi a creare negli anni 60,con l’elezione alla Presidenza di John F. Kennedy,la salita al potere sovietico di Nikita Krushev e l’ascesa al trono pontificio di Giovanni XXIII prima e Paolo VI dopo.Ciascuno di questi eventi,ognuno importante nella sua singolarità,tutti ancora più importanti se messi in relazione tra di loro,contribuirono ad esorcizzare l’omertà con la quale gli americani vivevano il problema razziale,rimasto irrisolto dopo 100 anni,nonostante una sanguinosa guerra fratricida tra Nord e Sud.Ed in questo contesto storico Martin Luther King giocò un ruolo fondamentale per risolvere il problema dei diritti civili,scardinando il razzismo tra bianchi e neri nelle scuole,negli autobus e nei luoghi pubblici.Nonostante ciò sussistono ancor'oggi nuove divisioni,siano esse di natura socio-economica,di auto-segregazione o legate ai confini geografici.Ed anche all'impegno militare degli USA in Iraq ed Afghanistan.
Anche se è noto soprattutto per il suo impegno contro l'apartheid,Martin Luther King si è in realtà battuto per ottenere maggiore giustizia sociale,per creare posti di lavoro per le persone svantaggiate e per porre fine ad ogni tipo di guerra ed alla povertà.
Oggi gli eredi del suo mandato spirituale, desiderano, come Martin Luther King, che il loro Paese "guardi" di più ai problemi interni,come l'occupazione,la sanità,la ricostruzione delle infrastrutture e scuole migliori per i meno abbienti, invece di combattere guerre all’estero.
Proprio perciò e proprio per questi aspetti la voce di Martin Luther King risuona forte ancora oggi.Perchè ancora oggi c'è bisogno di un altro sogno,quello di trovare nuove forme di protezione dai potentati e delle lobbies economiche,finanziarie e militari che oggi negli USA influiscono sulle libere e democratiche scelte della popolazione americana.Ecco perchè il mondo ha bisogno di "sentire" e pretendere un altro sogno.In questo difficile momento storico,militare ed economico,c'è bisogno di risentire nel proprio spirito e nel proprio cuore,il suono delle tre parole della canzone di Joan Baez che la gente soleva intonare durante le manifestazioni:"We Shall Overcome".Riusciremo a superarlo,questo momento.Un giorno tutto questo sarà superato.Basta non aver paura,di credere nella forza delle proprie idee.Proprio come seppe fare Martin Luther King.

22 agosto 2013

UNA CERTA ORIANA

Una lotta di potere tra militari e "Fratelli Musulmani".Questo sembrerebbe essere,ad una analisi superficiale e sommaria,quello che sta accadendo in Egitto in questi giorni.In realtà v'è di più,molto di più.In quella terra di cultura millenaria c'è uno scontro del Pensiero contro l'Oscurantismo,della Ragione contro il Fanatismo.Uno scontro di culture,valori,principi.Dietro il bagno di sangue del popolo egiziano si combatte,questa volta sì,un'autentica battaglia per una grande,vera,seria primavera di libertà.
Certo.I  militari al potere non sono immuni da colpe e responsabilità gravi negli eccidi di questi giorni.Eppure le élite intellettuali egiziane hanno subito scelto.Hanno subito preferito l'ondata di "militarismo nazionalista",considerando i militari come il male minore rispetto al potere islamista,persino dopo la carneficina di questi giorni.Scrittori,giornalisti,uomini di cultura sono compatti nel sostenere le forze armate egiziane.Celebri scrittori egiziani come Youssef Ziedan,autore del bestseller "Azazel" ed  il celebre romanziere Alaa Al-Aswany lo hanno detto in maniera decisa,forte,inequivocabile.Entrambi hanno detto che l’esercito,in questo momento,sta proteggendo il Paese dalla barbarie,perchè se i "Fratelli musulmani" non fossero fermati,verrebbe messa in pericolo la cultura millenaria non solo dell'Egitto,ma dell'Umanità intera.Perchè è proprio questo che in Egitto,Paese di cultura e arte millenaria,sta accadendo.Se i "Fratelli" dovessero malauguratamente prevalere,prevarrebbe la violenza,non solo fisica ma anche morale,culturale e la millenaria storia di civiltà,la ricchezza di pensiero,il patrimonio di idee di un popolo sarebbe cancellato nel giro di qualche breve tempo.
Esagerazioni?Non credo.Basta pensare a quello che già è stato capace di fare il fanatismo religioso islamico in altre terre pur'esse islamiche.Basti pensare,ad esempio,ai carri armati dei talebani che in Afghanistan aprirono il fuoco contro le statue di Buddha,risalenti al terzo secolo dopo Cristo,proclamate patrimonio universale dell'Umanità.Oppure basta ricordare le masse islamiche che distrussero l’Istituto d’Egitto al Cairo,fondato da Napoleone, contenente 192.000 libri di inestimabile valore e documenti risalenti sino al XIX secolo.Ora non c’è più niente.La leggendaria “Descrizione dell’Egitto” di Napoleone è andata perduta (nel 1822 Jean-Francois Champollion aveva usato questo documento per svelare il mistero dei geroglifici).Ed ancora.E' da tempo che gli intellettuali liberali sono oggetto di attacchi e di minacce.E' solo di poco tempo fa l'imposizione,da parte del cieco fanatismo oscurantista islamico,di mettere all’indice i romanzi di Naguib Mahfouz,l’unico arabo insignito del Premio Nobel per la Letteratura e definito il “Balzac dell’Egitto”,perché le sue opere “incoraggiano il consumo di alcol e droga”.Il romanzo di Mahfouz “Awlad Haretna” è stato addirittura etichettato come “ateo”.E non volevano forse gli islamisti  vietare il più grande capolavoro della letteratura orientale “Le mille e una notte”, per la sua “depravazione” e perché è “un’offesa al bene pubblico”?
Insomma.Quello che sta succedendo in Egitto non è un affare interno di una "qualsiasi" Nazione.Perchè,innanzitutto non si tratta di una "qualsiasi" Nazione,ma di una terra che già millenni fa ha generato altissime forme di Pensiero,di Arte,di Cultura.E' questione,quindi,di difesa di civiltà e di difesa del Pensiero dell'Uomo.E poi occorre pensare che nelle fila dei "Fratelli" sono presenti anche molti afghani,turchi, libici,iraniani.Si ha a che fare,insomma con il fanatismo islamista.Si ha a che fare,in definitiva,con terroristi accecati dall’odio fanatico-integralista che cerca di soppiantare la bellezza,la poesia,la cultura.
Al-Aswany poi,si rivolge (giustamente)all'Europa ed all'Occidente intero che,ottusamente e pavidamente,minacciano di bloccare gli aiuti all'Egitto.:"Non capisco-egli ha detto-gli occidentali che vogliono darci delle lezioni.Siamo forse destinati a tornare all’età della pietra?Gli arabi hanno come loro destino e loro futuro soltanto l’oscurantismo?
Sì,ha ragione Al-Aswany.Anche l’Europa rischia di essere travolta dall’odio islamista fondamentalista.La distruzione di beni che sono patrimonio del Pensiero dell'Uomo è un delitto che dovrebbe inorridire ogni coscienza umana,qualsiasi essere pensante e raziocinante.Ma è proprio la domanda di Al-Aswany a doverci preoccupare,quasi angosciare.E l'Europa?Cosa fa l'Europa?Figuriamoci.L'imbelle,impotente,debole,egoista Europa,cloroformizzata dalla cultura islamista,plagiata e prostrata innanzi all'espandersi alle espressioni più violente del crescente fondamentalismo islamico ha da tempo perso il senso e l'orgoglio della propria appartenenza,delle proprie radici culturali e religiose.Ma queste cose le aveva dette già qualcun altro se non sbaglio.Le aveva già dette una certa Oriana.

 

 

11 agosto 2013

LEGALICIDIO

femminicidio-stop
La criminologa Diana Russell e l'antropologa messicana Marcela Lagarde sono state le maggiori studiose del fenomeno che va sotto il nome di "femminicidio",parola con la quale esse identificano la "violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna proprio «perché donna».La Lagarde sostiene che il femminicidio "va aldilà degli omicidi delle donne.E' la forma estrema di violenza contro le donne,prodotto della violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato,attraverso condotte misogine,con maltrattamenti,violenze fisiche, psicologiche,sessuali,economiche,familiari.Queste condotte,per colpa delle istituzioni ed "in primis" della magistratura,rimangono nella quasi totalità dei casi impunite e  pongono perciò la donna in una posizione indifesa e di rischio,che può culminare con l’uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine: suicidi,incidenti,morti,sofferenze fisiche e psichiche comunque evitabili, dovute all’insicurezza, al disinteresse delle Istituzioni e alla esclusione dallo sviluppo e dalla democrazia».Tutto questo,dunque,è “femminicidio”.E contro di esso oggi,finalmente anche l'Italia si è data una normativa per combattere il fenomeno.Non che la legge mancasse.Era del 2009,poi seguita dalla firma della Convenzione di Istanbul che prevedeva il contrasto ad ogni forma di violenza,fisica e psicologica sulle donne, dallo stupro allo stalking,dai matrimoni forzati alle mutilazioni genitali.Ma il continuo aumento degli episodi di violenza e degli omicidi dei mesi scorsi,hanno reso necessario un più incisivo intervento del legislatore.Ma non è tutto oro ciò che luccica.Ci sono,infatti,aspetti che lasciano (a dir poco) perplessi e aprono questioni di legittimità profonde,inquietanti.La legge infatti prevede che CHIUNQUE può chiamare la polizia e,sicuro che verrà protetto il suo anonimato,potrà sparare una denuncia contro un marito,magari dell’appartamento accanto,che sta litigando con la moglie.Magari anche solo un diverbio sopra le righe dove volano i piatti insieme con le parole grosse.Si prende il telefono, si chiama il commissariato ed ecco arrivare la Volante nella vita della gente con il potere di far sloggiare immantinente l’uomo che "altri" hanno "giudicato" pericoloso.E con questa legge,per tragica ironia,anche gli amanti sono interessati ad annientare per via poliziesca i mariti e mille altri tipi di nefandezze si possono costruire,e  montare con una dimensione totalmente inquisitoria,storie dall’incerto esito giudiziario.Il tutto,più che di guardonismo dal buco della serratura,sa di spioni d’oltre cortina,di quei guardiani della legalità che come nella DDR,monitoravano la fede e la fedeltà alla falce e martello dei coinquilini e poi chiamavano la polizia politica per l'inflizione della "giusta" sanzione.
Altro punto discutibile della legge è la irrevocabilità della querela da parte della donna.Con il rischio che il non ritorno di un gesto che spesso è dettato da circostanze pressanti ma non invincibili,si traduca poi, nei fatti,in una rinuncia tout court a farsi avanti,coraggiosamente, per raccontare come stanno davvero le cose.Rendere irreversibile il gesto della querela,insomma,rischia di indebolire l’atto in sé,raggiungendo l'effetto opposto,facendo cioè desisitere la donna dalla denuncia,perchè dopo la denuncia viene totalmente annullata la benchè minima possibilità che qualcosa tra coniugi,amanti o fidanzati possa cambiare in meglio.
Ma c’è forse una valutazione di fondo,una valutazione decisiva.Non è alla polizia che si deve affidare la decisione prima e primaria.Sì,perchè in questo modo agli occhi della gente la sentenza di condanna è scritta in anticipo.E poi e soprattutto,in uno Stato di diritto la parola  "polizia" deve sempre essere ridotta ai minimi termini,altrimenti il suffisso "cidio" è logica conseguenza di mentalità e culture oppressive.Perchè,per quello che si è detto,alla fine più che lottare il femminicidio si violeranno le libertà fondamentali dell'individuo.E più ancora che di donne assassinate,più ancora che di femminicidio,si avrà da parlare di assassinio della legalità,si dovrà parlare di legalicidio.

08 agosto 2013

"QUELLA" GENTE D'ITALIA


In fondo l'industria belga fu scarsamente intaccata dagli effetti distruttivi della sceconda guerra mondiale.E nel primo dopoguerra il mercato industriale che il Belgio poteva sfruttare di più per espandere la propria economia era sicuramente quello del carbone,risorsa della quale il Paese era ricco.Però il Belgio,paese di piccole dimensioni,poteva contare su poca manodopera disponibile.E perciò il Belgio aumentò verso gli altri Stati la richiesta di manodopera, soprattutto per il lavoro in miniera.Anche all'Italia,se non soprattutto all'Italia fu fatta quella richiesta di manodopera.E l'Italia vi aderì.Perchè l'Italia,da parte sua,aveva un'industria completamente spazzata via dalla guerra.Perchè l'Italia era un Paese economicamente e letteralmente sotto le macerie,con un altissimo,inverosimile tasso di disoccupazione e con grave,tragica,tremenda miseria diffusa.
A giugno del 1946 fu quindi firmato un "Protocollo italo-belga" che prevedeva l'invio di 50.000 lavoratori in cambio  della fornitura annuale all’Italia di un quantitativo di carbone tra i due o tre milioni di tonnellate.Nacquero così ampi flussi migratori verso le miniere belghe.Nel 1956 fra i 142 000 minatori impiegati, 63 000 erano stranieri e fra questi 44 000 erano italiani.
L’accordo fu firmato dal governo di unità nazionale di De Gasperi Nenni e Togliatti.
Il primo “convoglio” con destinazione Belgio partì da Milano la sera del 12 febbraio 1946. Ma  già da quel primo "viaggio" si capì che la tragedia stava aspettando quegli uomini d'Italia.Quegli uomini d'Italia,infatti,viaggiarono per ore e ore,per giorni e giorni su carri merci,in piedi per ore e per giorni interi.Pensavano di essere assunti come muratori o manovali, non immaginando che si sarebbero trovati a scavare nel buio delle miniere,né che sarebbero andati ad abitare nelle vecchie baracche in lamiera lasciate libere dai prigionieri di guerra russi e tedeschi.Baracche bollenti d'estate,gelide d'inverno.Ed in quelle baracche,quando uscivano dal nero dei cunicoli delle miniere andavano a dormire,al buio,senza una lampada per vedere i propri visi,senza un fuoco per potersi scaldare.
Come bestie erano stati "trascinati" nelle terre del Belgio.Come bestie erano trattati dalla popolazione locale che li allontanava,che li emarginava,che isolava quegli sporchi "musi neri" come con disprezzo lì,in quelle terre di Belgio venivana chiamata  quella gente di Calabria e d'Abruzzo,di Veneto e di Puglia.E perciò costretta,quella gente d'Italia,a vivere nelle proprie solitudini,nei propri silenzi,nella loro notti umane oltre che nelle loro notti nella miniera,ma sempre con la speranza di ritornare presto alle loro terre,con qualche soldo,con qualche raggio di speranza "estratto" da quelle miniere.
E quando l'8 agosto 1956 successe la tragedia nella miniera di Marcinelle,quando in quella miniera  persero la vita 262 minatori,quando tutto il mondo si "accorse" di  Bois du Cazier,in fondo non c'era da meravigliarsi poi più di tanto.Perchè quella gente d'Italia era già morta da tempo.Perchè abbandonata e misconosciuta da tutti.Dalla gente del luogo;dallo Stato belga,dal governo italiano.Perchè in quei cunicoli era già stata uccisa la propria dignità di uomini,prim'ancora che la loro esistenza fisica.